Uno degli esempi che ha acceso la mia passione politica è Nelson Mandela. Proprio nei giorni scorsi ho finito di rileggere la sua autobiografia “Un lungo cammino verso la libertà”.
L’avevo letta da studente universitario e mi aveva colpito la narrazione semplice, naturale e normale di un percorso così difficile ed accidentato per il raggiungimento dei propri ideali: “Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre più difficili da scalare”.
In questa citazione leggevo la nuova sfida che attendeva Mandela alla sua scarcerazione: portare il Sudafrica a diventare una vera democrazia, un Paese unito nelle diversità. “Ho combattuto contro la dominazione bianca e ho combattuto contro la dominazione nera. Ho accarezzato l’ideale di una società democratica e libera in cui tutte le persone vivano insieme in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di vivere e che spero di raggiungere. Ma, se sarà necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire.”
Oppure “Non è la diversità chi ci divide; non è l’etnia, la religione o la cultura. Tra noi può esserci solo a una divisione: tra chi sostiene la democrazia e chi no”.
Cosa mi ha trasmesso da giovane studente e ora da padre la testimonianza di Nelson Mandela?
Che fare politica è dare il proprio contributo ad organizzare la vita in comune, dalla famiglia, al condominio, al quartiere fino ai più alti livelli di rappresentanza delle persone. Che ciascuno di noi poi può contribuire a stabilire regole di convivenza come prevede la democrazia. Che lo scopo della politica è agire per il bene della propria comunità, anteponendo il bene comune a quello del singolo. Che per trovare soluzioni ai problemi e per confrontarsi con gli altri bisogna essere ben informati e competenti per trovare il modo migliore per affrontarli.
E ancora oggi come allora, continuo a crederci. Nonostante tutto.
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