In una delle chiacchierate con Paolo, con la sua consueta pazienza, mi accenna a “Come te stesso”.
Io gli stavo raccontando del mio desiderio di “costruire ponti” e della mancanza nei nostri quartieri, che poi sono il “cuore pulsante di Milano” di una comunità ampia, plurale, accogliente.
“Ma hai già visto Come te stesso”? E me lo dice mentre passiamo davanti alla Parrocchia di San Curato d’Ars al Giambellino. Rispondo “No, non ancora..” e cambiamo discorso.
Qualche settimana dopo cerco con “google” e non trovo nulla. Anche perché le cose belle non è sempre facile trovarle; è più facile lamentarsi. Alla fine trovo il sito, mi registro e inizio a guardare “Come me stesso”.
Mi colpisce da subito come il tema e la sua narrazione siano molto simili ad una chiacchierata con Ilaria, avvenuta la mattina stessa.
Relazione, accoglienza, dialogo, collaborazione. All’apparenza sembra tutto così scontato, ma per “costruire ponti” sono tutte essenziali, come la vocazione, ad aprirsi agli altri senza pregiudizi.
E’ facile? No, ma basta esercitarsi vedere “Come te stesso”.
Perché lo consiglio?
Perché non esiste solo una comunicazione centrata su emergenze, numeri e paura del diverso.
Perché esiste la realtà che è quotidianità di fenomeni in movimento.
Perché l’accoglienza e la collaborazione sono davvero possibili e alla portata delle “nostre mani”. Ci sono tanti esempi positivi che spesso non conosciamo.
Perché dobbiamo creare comunità con creatività.
Perché è una storia che nasce dalla realtà.
E poi?
Perché ci sono dei sorrisi che uniscono nelle diversità e che non si possono “perdere”!
Fabio Catellani
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