Ne ho parlato con Silvio Anderloni, Direttore CFU/Italia Nostra. Tre intelligenti provocazioni.
Riflessioni sull’ambiente. A Milano
Chi non conosce il “Bosco in Città”? Ciascuno di noi ha la sua “storia” da raccontare.
Autunno 1983 “Uscita al Bosco in Città”, così recita il Quaderno di Caccia (QDC) del mio gruppo scout e che che ho voluto rileggere prima di incontrare Silvio Anderloni nei giorni scorsi. Ricordo lo stupore e l’incredulità di noi lupetti. Il “Bosco in città”? Ma andiamo a teatro? Iniziamo a preparare la veglia di Natale? Sarà un “grande gioco”? La catena telefonica funziona, sabato tutti presenti: partiamo per il “Bosco in Città”. Prendiamo la linea rossa e poi uno di quei pullman che fanno le linee extraurbane, ricordo il numero, l’83. Come l’anno della nostra prima visita.
Ci accoglie Silvio, con un entusiasmo incredibile che ci coinvolge tutti. Ci dice “giù gli zaini in cascina e via partiamo! Vi racconto mentre lavoriamo così non perdiamo tempo”. La sua lunga barba e la sua determinazione ci danno un senso di fiducia immediato.
Obbiettivo della giornata la messa a dimora di un centinaio di piante diverse per creare “un’oasi di biodiversità”. Eravamo a Milano ma non eravamo a Milano veramente perché ormai eravamo parte del “Bosco in Città”. Credo che nessuno di noi lupetti si sia potuto mai dimenticare quell’uscita magica, con la partita di palla scout alla mattina presto con il prato ancora bagnato per la rugiada.
Poi da lì il “Bosco in Città” segnò altre tappe della mia crescita, le prime gite in bicicletta in autonomia, uno dei primi baci, le passeggiate romantiche intorno al laghetto.
All’epoca il tema del verde pubblico era visto come qualcosa da manutenere, pensare alla gestione partecipata del verde, agli orti condivisi un’utopia che neanche i kolchoz o i kibbutz…
Tra il 2009 e il 2010 incontrai nuovamente Silvio. Questa volta era venuto lui da noi: a collaborare alla realizzazione secondo lo schema pubblico provato del Parco Segantini con il supporto dell’omonima Associazione della quale sono orgogliosamente socio fondatore.
L’unicità dell’esperienza dell’Associazione Parco Segantini verrà approfondita con un articolo dedicato.
Ora è tempo di fare le domande a Silvio.
Ciao Silvio ben trovato, domanda aperta, prego. “Partiamo dall’urbanizzazione della pianura padana e da alcune provocazioni, forti, utili a farci riflettere sul futuro della forestazione urbana: dobbiamo abolire i parchi, il verde non esiste, piantare alberi non serve a nulla!”
Ma Silvio rispondo cosa dici? “L’evoluzione dell’urbanizzazione di Milano è particolarmente significativa, dobbiamo passare dalla concezione della manutenzione del verde alla cura in presenza, dobbiamo vivere i parchi, mi occupo del luogo dove viviamo, gli spazi verdi sono parte integrante della socializzazione e ce ne dobbiamo prendere cura con la presenza. I parchi sono da abolire perché il loro spazio viene concepito come chiuso, definito ed invece il parco è un’infrastruttura del mio territorio in modo complessivo, è una parte della città. Prendiamo il Parco Nord di Milano, che grazie alla visione dell’urbanista Franceso Borrella, si è innervato nei quartieri. E’ indispensabile prendersi cura dello spazio a tutto tondo: verde, strade, marciapiedi”.
Interessante il tema dei confini, possiamo approfondirlo? “Certamente, penso al bosco, alle risaie che diventano spazi fruibili per tutti con le loro peculiarità, specificità e funzioni. Ci dobbiamo occupare di territorio. “Non c’è giardino senza giardiniere: non si tratta di mantenere, se faccio parte di un territorio, certo me ne occupo, ma non possiamo considerare il verde come qualcosa da manutenere da capitolato; dobbiamo osservare ed assecondare la natura, stando sul posto gestendolo. La gestione la può fare solo il “giardiniere”, intendo dire che non possiamo prescindere dalla gestione diretta, sia essa a cura del pubblico, del privato o del volontariato. Questo approccio oltre ad essere economicamente vantaggioso sviluppa una rete di socializzazione e volontariato che io stesso sperimento quotidianamente. E la nascita di iniziative che si autofinanziano generando valore per il territorio”.
Che cosa significa per te piantare un albero? “Piantare un albero è un gesto egoista, piantare un albero dà piacere a me, l’ho fatto per me, stavo bene anche perché poi sapevo che sarebbero stati utili per gli altri, quindi piantare un albero è un gesto di egoismo collettivo!”.
Grazie Silvio, a presto, all’Oasi del Parco Segantini.
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